Cos’è l’indice ABI (ankle brachial index)

L’indice ABI (ankle brachial index) e la sua importanza nella diagnosi dell’’arteriopatia obliterante degli arti inferiori ( AOP) .

L’ABI (ankle brachial index è un indicatore sempilce da misurare, nel sospetto clinico di  arteriopatia obliterante(AOP). Si basa sul rilievo di un gradiente pressorio fra la pressione sistolica misurata a livello dell’arteria tibiale posteriore ed anteriore e quella omerale. In condizioni fisiologiche la pressione tibiale e uguale o lievemente superiore a quella omerale. L’ABI viene calcolato come rapporto (index) tra la pressione sistolica misurata a livello dell’arteria tibiale posteriore  (ankle) (o a livello dell’arteria pedidia) di ciascun arto e la pressione sistolica misurata bilateralmente a livello omerale (brachial).; per il calcolo viene utilizzato il valore pressorio più elevato misurato in ogni sede. La metodica più impiegata per la determinazione della pressione prevede l’uso  di una sonda Doppler CW da 8 Mhz.

L’arteriopatia obliteranate degli arti inferiori (AOP) e l’espressione più comune di arteriopatia cronica degli arti inferiori. Oltre il 90% dei casi di AOP sintomatici sono correlabili all’aterosclerosi che può coinvolgere tutto l’asse arterioso degli arti inferiori dall’aorta addominale ed arterie iliache nel 30% dei casi, le arterie femorali e poplitee nell’80-90% ed i segmenti vascolari più distali, comprese le arterie tibiali e peroniere in percentuale intermedia del 40-50%.

L’AOP è una malattia cronica associata ad una progressiva limitazione dell’autonomia di marcia fino alla comparsa di dolore a riposo con marcato deterioramento della qualità di vita ed un’’aumento del rischio di eventi ischemici cardiovascolari (CV) e di morte. L’AOP interessa oltre il 20% degli adulti di età superiore ai 55 anni ed è associata alla presenza di arteriopatia silente o sintomatica in altri distretti vascolari. L’AOP è considerata un equivalente della patologia coronarica nella valutazione del rischio CV ed e caratterizzata da un alto tasso di mortalità che è del 25-30% entro i 5 anni per i pazienti sintomatici. Nonostante ciò nel paziente con AOP la correzione dei fattori di rischio CV viene applicata in modo mento aggressivo  ed incostante rispetto alla cardiopatia ischemica (CAD). Infatti i pazienti con AOP, senza  diagnosi di CAD, hanno una probabilità inferiore di essere sottoposti a terapia con statina, ACE inibitori o terapia antiaggregante rispetto a quelli  con diagnosi combinata di AOP e CAD. Eppure il rischio CV nel paziente con AOP si e dimostrato pari a quello di un paziente con anamnesi positiva per CAD o malattia cerebrovascolare (CVD). Infine, si dimentica spesso che nel paziente con AOP il rischio CV non è correlato alla comparsa dei sintomi, ma e del tutto sovrapponibile fra pazienti asintomatici e sintomatici. (1)

ABI e gli altri fattori di rischio CV

L’ABI  è un importante marker strumentale di rischio cardiovascolare globale ed è inoltre strettamente correlato ai principali fattori di rischio.

ABI  e gender: mentre in precedenza gli studi riportavano in modo concorde una maggiore prevalenza d i AOP nel maschio, report basati su test diagnostici più sensibili, come l’ABI, hanno  dimostrato una presso che identica prevalenza dell’AOP fra i due sessi; in modo inatteso una recente review ha riportato una più alta prevalenza media di AOP nella femmina rispetto al maschio (15,6% vs 13,4% ) (2). Le femmine sono soggette con minor  frequenza  a screening e/o terapia per AOP anche per la minore associazione riportata con la patologia coronarica e cerebrovascolare che e invece frequente nel maschio. Inoltre nella femmina spesso l’AOP rimane del tutto asintomatica o si caratterizza per sintomi atipici che rendono difficile la diagnosi clinica anche per la frequente presenza di comorbidità, come ad esempio le patologie osteoarticolari,l’osteoporosi e l’ipotiroidismo che si accompagnano a quadri clinici del tutto simili.

 L’ABI  e dislipidemia. L’ABI  risulta inversamente  (3)  correlato  con i livelli di LDL colesterolo .Inoltre the Cardiovascular Health Study ha dimostrato che nei soggetti con ABI compreso fra 0,9-1,4,con alti  livelli di LDL e/l’uso di terapia con statina sono predittori  indipendenti della progressiva riduzione dell’ABI (4).

ABI ed ipertensione arteriosa.  I  pazienti  ipertesi con ABI <0,9 sono caratterizzati da un più alto rischio di mortalità e morbilità  globale CV rispetto a pazienti con ABI >0,9. Il programma Evaluation of Ankle Brachal  In n Hungarian Hypetensives (ERV) (5) che ha valutato presso 55 centri circa 2892 pazienti ipertesi ha riportato una prevalenza di AOP pari al 14,4% (16,4% nel maschio e 12,2% nella femmina); di questi solo il 4,1% presentava una precedente diagnosi di AOP. Inoltre e stato dimostrato come l’AOP prevalga nei pazienti con scarso controllo dei valori pressori rispetto ai pazienti con raggiungimento del target pressorio (rispettivamente il 16.8% vs 9.6%).

ABI  e funzionalità renale. L’ABI è inoltre correlato all’ insufficienza renale cronica. Lo studio di Daskalopoulou et. al. (6) ha inoltre dimostrato che l’ABI e inversamente correlato con la creatininemia (eGFR), in accordo ai numerosi studi che avevano dimostrato l’associazione tra l’insufficienza renale e la AOP.  La diagnosi di AOP sembra inoltre predire un incremento della creatininemia nel tempo  tanto che la riduzione dell’ABI può essere considerato un fattore predittivo negativo indipendente di deterioramento della funzione renale nel tempo(7) .Nella insufficienza renale end-stage si può realizzare un progressivo irrigidimento della parete arteriosa che si traduce in valori di ABI >1 talvolta anche >1,4. In questi pazienti la valutazione dell’ABI va integrata con tecniche di imaging ultrasonografico.

ABI eì low-grade inflammation.  La Proteina C Reattiva determinata con metodica ultrasensibile (PCR us) è anche marker di low grade inflammation e può predire lo sviluppo di AOP in soggetti maschili sani indipendentemente dalla dislipidemia. L’infiammazione, espressa perciò in termini di PCR us, si associa ad una riduzione dell’autonomia di marcia nel paziente con AOP (8). Vainas et al. Hanno dimostrato che i livelli di PCR sono correlati positivamente con la gravita della AOP (9). Daskalopoulou et al. (2) hanno inoltre creato uno score di rischio con le variabili piu strettamente associate all’ABI (creatinina,PCR us, fibrinogeno) evidenziando come ad un piu alto score corrisponda un piu basso valore di ABI. Mediante l’analisi multivariata, dopo aver corretto per tutti i fattori confondenti (inclusa la terapia), la PCR us, i livelli di creatinina e la storia di diabete mellito (inclusa la ridotta tolleranza glucidica) sono risultati fattori predittivi indipendenti per ABI. Il diabete mellito e il fattore di rischio piu forte per la diagnosi di AOP, ma la PCR us e la creatininemia mostrano il grado di associazione significativamente piu stretto con i valori dell’ABI.

ABI e Lipoproteina (a)Fra i fattori di rischio emergenti occorre inoltre menzionare la lipoproteina (a) (Lp) (a), molecola simile alle lipoproteine a bassa densita e legata in modo covalente alla glicoproteina apolipoproteina (a).E presente un rapporto inversamente proporzionale fra Lp (a) e le isoforme di apo(a) ed in particolare alti livelli di Lp(a) e fenotipi di apo(a) a basso peso molecolare che sono associati a malattie CV. Lo studio condotto da Laschkolnig et al. (10) ha dimostrato una significativa associazione fra i livelli di Lp(a) ed i fenotipi di LMW apo (a) e valori di ABI in soggetti con AOP.

ABI e uricemia Nello studio di Langlois et al. (11) è  stato valutato, nel paziente iperteso, il rapporto fra livelli di uricemia e diagnosi di AOP, valutata sia in termini di ABI sia in termini di autonomia di marcia al treadmill test. E stato evidenziato che i valori di acido urico sono più elevati nel paziente iperteso con AOP ed in particolare e stata dimostrata l’associazione fra iperuricemia ed impegno funzionale della malattia più ABI  e arteriopatia periferica che fra ipeuricemia ed ABI. La claudicatio intermittens e determinata dall’ischemia ipossia muscolare indotta dalla marcia con aumento della produzione di radicali liberi e incremento delle concentrazioni di acido urico a livello più periferico. Questi dati sono in linea anche con l’Edinburg Artery Study (12) nell’ambito del quale l’acido urico e stato associato all’ischemia periferica valutata mediante il test di iperemia reattiva indipendentemente dal valore di ABI.

L’ABI e le altre localizzazioni dell’aterosclerosi: Il Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis condotto da Aboyans e coll (13)  ha valutato la prevalenza di AOP definita come ABI <0,9 in soggetti senza i principali fattori rischio CV (fumo, ipertensione arteriosa, dislipidemia, diabete mellito), ma con aterosclerosi subclinica nel distretto coronarico e carotideo valutando la possibile correlazione con alcuni dei nuovi fattori di rischio emergenti. Nello studio e stata correlata la presenza di calcificazioni a livello coronarico e di placche carotidee con i valori dell’ABI: i pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi con ABI ridotto (<1,00), normale (1,00-1,30) ed elevato (>1,30). E stata dimostrata una associazione significativa fra ABI e calcificazioni coronariche, non fra ABI e placche carotidee. E’ possibile che la calcificazione delle coronarie rappresenti uno stadio più precoce della malattia aterosclerotica rispetto alle placche carotidee visualizzate mediante ultrasuoni. Fra i fattori di rischio emergenti l’insufficienza renale e la flogosi, valutate come filtrato glomerulare ed livelli di IL-6, sono risultate

associate ad un ABI ridotto (ABI <1,0) mentre l’indice di massa corporea si e associato positivamente con un ABI elevato (ABI >1.30) come e riportato nei pazienti diabetici.

Il valore soglia dell’ABI

La scelta di un cut off ottimale per la diagnosi di AOP ha identificato il valore soglia di ABI 0,90 che ha dimostrato una sensibilità ed una specificità  maggiori del 90% per la diagnosi di AOP rispetto all’indagine angiografica. Il valore soglia di ABI ≤0,90 è ampiamente condiviso ed utilizzato, ma non deve essere considerato lo spartiacque assoluto per la diagnosi o l’esclusione di AOP, in quanto la presenza di circoli collaterali o la aumentata rigidità della parete arteriosa possono determinare valori più elevati di ABI pur in presenza di arteriopatia. Otto studi (14) hanno valutato la perfomance diagnostica di un ABI ≤0,90 (misurato con metodo Doppler) nel rilevare una stenosi>50% identificata mediante altre metodiche (eco color doppler, risonanza magnetica o angiografia). Tutti questi studi hanno confermato una alta specificità (83-99%), ma una bassa sensibilità (69-79%). Utilizzando un valore soglia ≤1,00 per il rilevamento di AOP e stata riportata una sensibilità di circa il 100% a scapito di una riduzione della specificità. Inoltre l’ABI dovrebbe essere interpretato in accordo con la probabilità a priori di malattia.  Questa osservazione porta pertanto a riflettere circa la necessita di ricercare la presenza di fattori di rischio CV che guidino una diagnosi sempre più precoce nei pazienti con AOP asintomatica cosi da intervenire prima che si verifichino eventi CV. Il diabete mellito ed il fumo sono i fattori di rischio di maggior rilievo ma occorre ricordare anche l’età, l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia e la presenza della sindrome metabolica. Nel caso in cui ABI sia >0,90 ma è forte il sospetto di AOP si deve ricorrere ad ulteriori metodiche d’indagine come l’ABI post-esercizio e tecniche di imaging. La sensibilità diagnostica dell’ABI può aumentare significativamente se la differenza pressoria fra arti inferiori e superiori e valutata al termine di un test da sforzo eseguito su tapis roulant. Durante l’esercizio la vasodilatazione necessaria ad aumentare l’apporto di sangue ai muscoli determina una riduzione della pressione a livello degli arti inferiori e ciò porta fisiologicamente nel soggetto sano ad una riduzione dell’ABI misurato subito dopo lo sforzo con ripristino del valore pressorio pre-esercizio nell’arco di 1-2 minuti. Un recupero maggiore del 90% del valore di base di ABI entro i primi tre minuti dal termine dell’esercizio ha una specificità del 94% nell’escludere la presenza di

AOP(14). Nei pazienti con AOP, durante l’esercizio, la pressione a livello degli arti inferiori subirà un calo di oltre 30 mmHg rispetto al valore di partenza con una riduzione dell’ABI di circa il 20% rispetto al 5% osservato nel soggetto sano; inoltre il valore pre-esercizio sarà ristabilito in un tempo di durata proporzionalmente maggiore secondo la gravita dell’arteriopatia. La misurazione della differenza tra ABI pre e post esercizio aumenta la sensibilità dell’indice stesso per la diagnosi di AOP, in particolare nei soggetti con ABI borderline(0,91-1,00).

In alcuni casi le arterie a livello della caviglia risultano incomprimibili e la pressione sistolica in tale sede non è campionabile perche la pressione nel manicotto e >250 mmHg e l’onda di flusso arterioso continua ad essere registrata; in altri casi la pressione misurata alle arterie degli arti inferiori risulta più alta della pressione misurata a livello omerale con un ABI >1,3. L’incomprimibilità o parziale comprimibilità delle arterie periferiche e dovuta principalmente all’irrigidimento-calcificazione delle pareti vasali che avviene nell’ambito della medio- calcinosi, della patologia diabetica e dell’insufficienza renale terminale. Un ABI >1,3-1,4 è particolarmente

frequente nei pazienti diabetici con coesistente insufficienza renale, neuropatia o ulcere distali. Un ABI elevato può sottostimare la prevalenza di AOP nel diabete in quanto,se valori di ABI <0,9 sono sempre considerati patologici, valori compresi fra 0,9 ed 1,3 possono non essere interpretati correttamente ed essere considerati normali. L’efficienza diagnostica dell’ABI come test di screening e perciò limitata nel paziente diabetico con elevato rischio CV, neuropatia, nefropatia ed ulcere distali sia per la bassa sensibilità che per la tendenza verso valori “ABI normali”. Clairotte e coll. hanno riportato una più  alta sensibilità e specificità dell’ABI per la diagnosi di AOP nel diabetico utilizzando come cut off un valore compreso fra 1,0 e 1,1 (15) nel paziente diabetico la misurazione dell’ABI va integrata con test non invasivi di imaging come l’eco color Doppler che permette di valutare l’asse arterioso ed di identificare stenosi focali o con la misurazione del toe brachial index (TBI). Il TBI  ovvero l’indice alluce-braccio e la misurazione della pressione sistolica all’alluce  mediante l’impiego di un’apposita piccola cuffia da occlusione con sensore di flusso che viene applicata nella porzione prossimale dell’alluce o  in presenza di lesioni trofiche, del secondo dito del piede. La pressione sistolica all’alluce presenta valori inferiori di circa 30 mmHg a quelli rilevabili alla caviglia; pertanto il valore fisiologico dell’indice alluce/braccio e maggiore o uguale a 0,70. Le linee guida ACCF/AHA 2005 definiscono come cut off per la diagnosi di AOP un TBI <0,70 (16). Il rapporto alluce-braccio valuta il distretto arterioso più distale ovvero il letto vascolare digitale dove il processo di calcificazione aterosclerosi-correlato raramente avviene. Alcuni autori considerano un TBI patologico come marker più precoce della malattia aterosclerotica rispetto all’ABI (17.).

A supporto di questa osservazione e stata dimostrata una associazione più forte fra patologie coinvolgenti il microcircolo come la disfunzione erettile e la sclerosi sistemica con il TBI rispetto all’ABI. Con i dati ottenuti con il TBI e l’eco color Doppler, la percentuale di incidenza di AOP in soggetti con ABI elevato e riportata fra il 60 e l’80% (18) (19)

Dott. Maurizio Fisicaro

CENTRO CARDIOVASCOLARE
OSPEDALE MAGGIORE
TRIESTE

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